Quest’anno, i tempi per l’approvazione dei Bilanci di previsione sono stati protratti a fine luglio; il governo è in ritardo nel definire i trasferimenti agli Enti Locali e la sentenza della Consulta sul blocco dell’indicizzazione delle pensioni rischia di sottrarre al governo stesso risorse da destinare proprio ai comuni; le lentezze dei sindaci nel convocare le Organizzazioni Sindacali SPI, FNP, UILP per l’ incontro preliminare non ci permettono di avere un quadro di incontri o di accordi particolarmente significativo.

Non siamo in grado, in altri termini, di capire se i nostri obiettivi per il 2015 - riportati nel precedente numero di “GenerAzioni solidali”- siano vicini o lontani. In particolare, tante sono le questioni ancora aperte:

  1. I tributi (imposte e tasse) sono nel segno dell’equità e della progressività o no? La collaborazione dei Comuni con l’Agenzia delle entrate per la lotta all’evasione Irpef si sta realizzando o rimane nel libro dei sogni?
  2. I servizi sociali (anziani, disabili, minori, ecc.) e i servizi per l’istruzione ed il diritto allo studio sono garantiti o ridotti o caricati nei costi per i cittadini? I Piani di Zona sono ormai stati deliberati ovunque? E quali sono le linee guida? (Si pensi all’importanza di una regola omogenea a livello distrettuale per quanto riguarda il nuovo ISEE).
  3. Gli accordi - i pochi finora sottoscritti - sono stati recepiti con delibere dai consigli comunali, come da noi richiesto?

Mancano dunque certezze sui risultati finora conseguiti dalla contrattazione. Abbiamo lasciato per ultimo un obiettivo per noi sempre più fondamentale e che vorremmo approfondire nel prossimo numero, valutando, se possibile, le esperienze in atto. Ci riferiamo al tema della fusione dei comuni.

Come qualcuno ricorderà, fin dal 1990 si parla a livello legislativo dell’associazionismo tra gli Enti locali, cioè delle possibili forme di cooperazione: si va dai semplici accordi di programma fino alle unioni e alle fusioni.

La materia è stata via via ulteriormente regolata nel corso degli anni, in particolare con la legge 265/99, il Testo Unico Enti Locali (TUEL) e successive modificazioni.

Noi pensiamo che la fusione tra comuni, specialmente per i piccoli, sia un fatto positivo perché gestire in forma associata e con una sola governance le funzioni fondamentali, non solo può costituire un risparmio in generale per lo Stato, ma, grazie alle economie di scala possibili, si libererebbero per gli stessi comuni risorse oggi impensabili.

Inoltre con le fusioni si ridurrebbe il numero dei comuni (più di 8000 nel nostro Paese, di cui il 70% circa con popolazione inferiore o uguale ai 5000 abitanti). Purtroppo numerosi sono stati e sono i fattori di resistenza all’aggregazione: campanilismi, assenza di cultura collaborativa, differenziazioni territoriali ed economico-sociali, ecc.

Parlando del territorio dei Laghi, osserviamo che in provincia di Varese si è realizzata una sola fusione (Maccagno con Pino e Veddasca); in quel di Como le cose vanno meglio (Gravedona ed Uniti; Bellagio con Civenna; Tremezzina è il risultato della fusione dei comuni di Lenno, Mezzegra, Ossuccio e Tremezzo; Colverde infine è nato dalla fusione di Drezzo, Gironico e Parè).

Nel prossimo numero cercheremo di valutare l’andamento delle nuove formazioni comunali - approfondendone la conoscenza - per capire in concreto i benefici o gli eventuali elementi di criticità. Riteniamo che i processi di fusione intercomunali (e in misura minore le altre forme di aggregazione) siano un aspetto fondamentale della riforma istituzionale dello Stato italiano, che anche il sindacato dovrebbe promuovere e caldeggiare.

Vogliamo però vederci chiaro e informare anche i nostri associati.