Quando le Italiane andarono al Voto

Il 2 giugno del 1946 ci fu bel tempo su tutta l'Italia. Il Paese intero si destò con la sensazione di dover vivere una grande giornata. Si votava la domenica e il mattino del lunedì. L'affluenza alle urne fu fin dalle prime ore serratissima. Sembrava che la gente temesse di non arrivare in tempo, di giungere troppo tardi per dire sì o no alla Monarchia o alla Repubblica e per eleggere i propri rappresentanti all'Assemblea Costituente.

Nelle città ancora smembrate dai bombardamenti o nei paesi, che mostravano l'arretratezza e la povertà di quel tempo, gli italiani si recarono in massa al voto.

Alla fine risultò che avevano deposto la scheda nell'urna il 98,1% degli aventi diritto, pari a 24.947.187 di cui 12.998.131 erano donne.

Avevano partecipato alle elezioni sorridenti, ben pettinate, con l'abito dei giorni di festa, consapevoli di un protagonismo che le faceva entrare nella storia.

Erano state in fila, ordinatamente, davanti ai seggi, nell'attesa di esprimere il loro primo voto politico avvertendo la responsabilità di un gesto che consegnava alle italiane quel diritto di cittadinanza da tante donne, prima di loro, richiesto e rivendicato per decenni.

"Le schede che ci arrivano a casa e ci invitano a compiere il nostro dovere hanno un'autorità silenziosa e perentoria. Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano più preziose della tessera del pane stringiamo le schede come biglietti d'amore; si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi nelle lunghe file davanti ai seggi. E molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le conversazioni che nascono tra uomo e donna hanno un tono diverso, alla pari".

Con queste parole la giornalista Anna Garofalo, curatrice dal 1944 della rubrica radiofonica Parole di una donna, dove rivolgendosi al pubblico femminile affrontava i nuovi temi dell'emancipazione, aveva dato voce alle sensazioni di quei giorni.

La novità della concessione del voto politico alle donne, però, era vissuta in Italia in modo ambiguo e la stampa amplificava i dubbi dei politici e degli intellettuali: quale sarebbe stato il peso del loro voto nel futuro del Paese?

  • 01.Adele.Bei-PCI.jpg
  • 02.Bianca.Bianchi-PSI.jpg
  • 03.Laura.Bianchini-DC.jpg
  • 04.Elisabetta.Conci.DC.jpg
  • 05.Maria.De.Unterrichter.Jervolino-DC.jpg
  • 06.Filomena.Delli.Castelli-DC.jpg
  • 07.Maria.Federici-DC.jpg
  • 08.Nadia.Gallino.Spano-PCI.jpg
  • 09.Angela.Gotelli-DC.jpg
  • 10.Angela.Maria.Guidi.Cingolani-DC.jpg
  • 11.Nilde.Iotti-PCI.jpg
  • 12.Teresa.Mattei-PCI.jpg
  • 13.Angelina.Livia.Merlin-PSI.jpg
  • 14.Angiola.Minella-PCI.jpg
  • 15.Rita.Montagnana-PCI.jpg
  • 16.Maria.Nicotra.Fiorini-DC.jpg
  • 17.Teresa.Noce.Longo-PCI.jpg
  • 18.Ottavia.Penna-Uomo.Qualunque.jpg
  • 19.Elettra.Pollastrini-PCI.jpg
  • 20.Maria.Maddalena.Rossi-PCI.jpg
  • 21.Vittoria.Titomanlio-DC.jpg

Le donne avrebbero votato con la propria testa o avrebbero seguito le indicazioni del marito e del prete?

Un quotidiano dell'epoca minimizzava: "Mentre si muore di fame, ci si preoccupa del voto delle donne".

C'era chi manifestava preoccupazioni e perplessità su una parte di elettorato giudicato poco consapevole e maturo, chi voleva far apparire il suffragio femminile come un fatto scontato, irrilevante - le donne si erano già emancipate durante la Guerra e la Resistenza, in più molte avevano già votato alle elezioni amministrative di marzo - e c'era chi al contrario sottolineava l'importanza di questo evento caricandolo di significati.

Tra diffidenze e incitamenti, sarcasmi e aspettative il "gentil sesso" non si fece intimidire: partecipò al primo voto politico con consapevolezza, responsabilità e "senza rossetto" - come era stato loro raccomandato - per paura che questo venisse annullato.

Le italiane si espressero per il referendum istituzionale ed elessero i rappresentanti nella Costituente di cui entrarono a far parte anche le donne.

Su un totale di 556 deputati ne furono elette 21: 9 della Democrazia Cristiana, 9 del Partito Comunista, 2 del Partito Socialista e 1 dell'Uomo Qualunque.

Di queste, cinque donne: Maria Federici e Gotelli Angela (DC), Lina Merlin (PSI), Nilde Iotti e Teresa Noce (PCI) entrarono nella ristretta Commissione dei 75, incaricata di elaborare, redigere e presentare all'Assemblea un progetto di Carta costituzionale.

Alcune divennero grandi personaggi, altre rimasero a lungo nelle aule parlamentari, altre invece tornarono, in seguito, alle loro occupazioni.

Tutte, però, con il loro impegno e le loro capacità, hanno segnato la storia, lottando per garantire alle donne pari diritti e avviando il processo della loro partecipazione ai livelli più alti delle istituzioni rappresentative.


Qualche Testimonianza

 

Le donne che nel 1946 poterono votare, oggi hanno dai 91 anni in su perché allora in Italia il diritto di voto era riservato ai maggiori di 21 anni.

Eppure è ancora vivo in loro il ricordo di quel giorno.

Luisa D. [96 anni, milanese] "Ero un'ostetrica di condotta, durante la guerra ho fatto nascere più di trecento bambini, sotto le bombe, senza mai perdere una donna e ogni volta era una emozione grande, mai come quel 2 giugno... Sono andata a dare per la prima volta il voto politico con le mie amiche. Ricordo che eravamo allegre, anche un po' confuse e parlavamo tra noi per far passare il tempo, perché la fi la era lunghissima, ma l'attesa non ci pesava, sapevamo che era una giornata importante per tutte le donne italiane".

Giovanna P. [92 anni, fiorentina] "A casa c'erano pochi soldi, ero figlia di un ferroviere e con quattro fratelli più piccoli, ma il papà non aveva voluto che andassi a lavorare, diceva che dovevo studiare, perché non dovevo dipendere da un marito... Era una persona di larghe vedute ed è stato il primo a farmi capire il valore della libertà, della dignità... Avevo appena compiuto 21 anni, ma trascorsi la sera fra il 1 e il 2 giugno del 1946 in una sezione di partito a discutere con i miei compagni... poi andai a votare, da sola, e stampai il rossetto nitido sulla scheda elettorale, anche se mi avevano raccomandato di non farlo... Dovevano sapere tutti che ero una donna e che avevo votato!"

Luciana F. [avrebbe 93 anni, modenese] "Era una donna rigida, integra, ma buona e solidale" racconta la nipote Elisa "giovanissima, aveva fatto la staffetta... Repubblicana e democratica, fi nita la guerra andò di casa in casa a convincere le altre donne dell'importanza di andare a votare: tutte dovevano sapere che finalmente potevano votare! E non smise mai di convincere le donne, di istruirle: per tutta la vita ha lottato per la causa femminile, per l'introduzione degli asili nido, contro la violenza sessuale".

Luciana da un anno non c'è più, ma vive nel ricordo della nipote. Luisa, Giovanna e Luciana sono il lascito, l'insegnamento che le donne del '46 consegnano alle generazioni future: l'invito ad un nuovo protagonismo per l'affermazione di diritti a volte negati e di una parità non ancora pienamente riconosciuta.


L'adesione alla Resistenza influenzò, per la maggior parte di loro, la scelta di impegnarsi in politica proprio nel momento in cui nel Paese veniva fondata una nuova società democratica.

L'intensa passione per la giustizia e il bene comune fece loro superare i tanti ostacoli che, all'epoca, rendevano difficile la partecipazione delle donne alla vita politica.

Sebbene poi fossero consapevoli delle diverse posizioni dei rispettivi partiti, seppero fare causa comune sui temi dell'emancipazione femminile, della famiglia, della tutela della maternità e del lavoro; temi a cui fu dedicata, in prevalenza, la loro attenzione.

Ad oggi, in una classifica di 136 Paesi sulla parità di genere, l'Italia occupa solo il 71esimo posto: le donne sono ancora discriminate nella vita politica ed economica e godono di scarsa rappresentanza.

Persino nel mondo della scuola e della sanità l'uguaglianza, di fatto, è ancora un miraggio.

Per dare un nuovo impulso alla lotta per la conquista della parità di genere, la deputata Sandra Zampa ha promosso una mozione dedicata al settantesimo anniversario del voto delle donne in Italia che è stata approvata dal Parlamento l'8 marzo 2016 per "ricordare le figure delle ventuno Madri Costituenti, [...] per l'impegno e il ruolo svolto nella stesura della Carta Costituzionale italiana" e con lo scopo di "assumere iniziative, in ogni scuola di ordine e grado, destinate al riconoscimento e alla valorizzazione delle donne nella storia, nella filosofia, nella scienza e nelle altre discipline umanistiche e scientifiche".

Il diritto di voto alle donne nei vari Paesi

Nuova Zelanda 1893
Australia 1901
Finlandia 1906
Norvegia 1913
Islanda 1913
Danimarca 1915
URSS 1917
Canada 1917
Gran Bretagna 1918
Austria 1918
Germania 1919
Paesi Bassi 1919
USA 1920
Svezia 1921
Portogallo 1931
Spagna 1931
Brasile 1932
Turchia 1934
Giappone 1945
Italia 1946
Francia 1946
Belgio 1948
Cina 1949
Grecia 1952
Messico 1953
Svizzera 1971
Giordania 1973
Nigeria 1976
Qatar 2003
Arabia Saudita 2015

La tabella mostra quanto sia stato lungo e faticoso il percorso delle donne per ottenere il diritto di voto.

C'è voluto più di un secolo perché nella quasi totalità dei paesi le donne raggiungessero l'uguaglianza politica e in alcuni stati si tratta di un risultato recente.

Prima della Nuova Zelanda nel 1893, sia il Wyoming sia il Massachussets avevano concesso il voto alle donne: si trattava di colonie inglesi, non certo di Stati indipendenti, lontani dalla madrepatria.

In Europa la conquista sarà più tarda e legata ad un insieme di riforme più eterogenee che compresero i diritti al patrimonio e alla genitorialità.

Vi sono poi casi che destano stupore.

Nella dottrina marxista, l'emancipazione delle donne in generale, delle lavoratrici in particolare, era estremamente presente, anche se nella forma più che nella sostanza, infatti se si pensa che in Russia fino al 1989 non ha più votato nessuno, si è di fronte ad un paradosso.

Il caso svizzero è altrettanto singolare: la concessione del suffragio alle donne solo nel 1971 fa della Svizzera un paese conservatore rispetto al contesto europeo.

Un'altra data impensabile riguarda la Turchia, stato in cui le donne hanno iniziato a votare già nel 1934, dodici anni prima dell'Italia e della Francia.

È evidente anche la difficoltà con cui le Nazioni del Medio Oriente, legate all'Islam, hanno concesso il diritto di voto alle donne; in particolare, lascia sbalorditi il caso dell'Arabia Saudita.