Tutto il peso del lavoro gratuitoLa gratuità conviene. Non soltanto a quanti testimoniano di sentirsi realizzati donando tempo ed energie agli altri, ma all'intera società che ne verifica gli effetti positivi, concreti e persino misurabili nel loro valore economico.

E' quanto emerge dalla prima rilevazione sul lavoro volontario, condotta nel 2013 da ISTAT, CSVnet (rete dei Centri di Servizio per il Volontariato) insieme a Fondazione Volontariato e Partecipazione che delinea la portata di un fenomeno tutt'altro che marginale, che vede un buon numero di cittadini in prima linea nel contrastare il disagio sociale aggravato dalla crisi e da un welfare sempre meno efficace.

Circa un italiano su otto svolge attività gratuite a beneficio di altri o della comunità: il numero complessivo di volontari e stimato in circa 7 milioni di persone con un tasso di volontariato totale pari al 12,6%; sono 4,14 milioni i cittadini che svolgono la loro attività in un gruppo o in un'organizzazione e 3 milioni si impegnano in maniera non organizzata. Nel Nord Italia il lavoro volontario è più diffuso con il tasso più elevato nel Nord-Est (16%) mentre il Sud si contraddistingue per livelli di partecipazione sensibilmente più bassi (8,6%). Gli uomini sono più attivi delle donne (13,3% contro 11,9%), per via di una maggiore presenza maschile nel volontariato organizzato. I volontari appartengono prevalentemente alla classe di eta 55-64 anni (15,9%); dai dati emerge, inoltre, che i giovani fra i 14 e i 24 anni rappresentano la fascia meno numerosa e con un monte-ore dedito al volontariato al di sotto della media nazionale.

Sembra questo un fattore da non trascurare, che riapre la questione sul fronte educativo, sull'esigenza di un impegno che, anche nell'ambito del volontariato, investa con una previsione sul futuro. Un altro indicatore utile a delineare l'identikit del volontario riguarda il titolo di studio, più elevato nella fascia di chi presta attività a titolo gratuito: il 22,1% di coloro che hanno conseguito una laurea ha avuto esperienze di volontariato contro il 6,1% di quanti hanno la sola licenza elementare.

Considerando la condizione occupazionale, i più attivi risultano gli occupati (14,8%) e gli studenti (12,9%). La partecipazione è inoltre massima tra i componenti di famiglie agiate (23,4%) e minima tra i componenti di famiglie con risorse assolutamente insufficienti (9,7%). Anche la scelta dell'ambito in  cui viene espressa la solidarietà rileva una significativa diversificazione di orientamenti e tendenze: fra i volontari organizzati, prevale chi e mosso da finaiità religiose (32,1%), seguiti dai professionisti del|'assistenza (26,8%) e da chi opera in attività ricreative e culturali (13,5%). Più della meta di chi fa volontariato individuale presta aiuto tra persone conosciute, esclusi i familiari (55,1%).

Nel quadro d'insieme sulle "attività gratuite a beneficio di altri" che affiora dalla ricerca, sembra evidenziarsi una interdipendenza fra il grado di "benessere" (riscontrabile nel più elevato livello di istruzione, di agiatezza, di consapevolezza sul piano delle motivazioni) e la propensione a interessarsi degli altri esprimendo condivisione e concrete risposte. Oltre l'esperienza soggettiva di gratificazione - quasi un volontario su due dichiara di "sentirsi meglio con se stesso" - dall'indagine affiorano alcuni importanti indicatori che si collegano al contesto sociale e produttivo odierno, confermando una stretta connessione fra crisi economica e impoverimento di risorse sul piano delle relazioni e dei valori.