Come è cambiata la famigliaBasterebbe sfogliare un album di fotografie, oppure richiamare il ricordo delle nostre esperienze, o soltanto riferirci all’osservazione dei comportamenti sociali e delle abitudini correnti, per verificare quanto sia cambiata nel tempo la famiglia italiana. Ed è cambiata anche la considerazione del suo ruolo e del suo valore: da istituzione degna di riguardo e rispetto, perché garanzia di sopravvivenza della società stessa, viene sempre più percepita come un istituto in crisi per l’affermarsi di nuovi modelli familiari: single con figli, convivenza, coppie sposate due volte... che sostituiscono o convivono con la famiglia tradizionale.

Per “famiglia tradizionale” s’intende quel modello che si è venuto affermando in Italia per un trentennio: dal dopoguerra agli anni settanta. Si basava sul matrimonio, che era considerato un’unione inscindibile tra i coniugi, e sulla prevalenza della figura maschile nel nucleo familiare: l’uomo, infatti, in quanto capofamiglia aveva il potere decisionale su tutti i suoi componenti. Questo modello familiare, che rappresentava una parziale trasformazione della struttura sociale tipica della cultura fascista – maschilista e patriarcale – fu dominante fino agli anni sessanta, riflesso di una società dove rimaneva comunque, nonostante il diritto al voto concesso alla donna nel ‘46, un dislivello, un’asimmetria tra i sessi.

La famiglia era gestita da un “pater familias”, a cui si doveva rispetto anche perché l’uomo, in genere, era l’unico artefice, grazie al suo lavoro, della ricchezza familiare; alla donna spettava il ruolo di madre e di buona moglie casalinga, il suo compito era “crescere i figli e prendersi cura della casa.”

Questo modello, secondo le tesi sostenute dallo statistico e saggista Roberto Volpi, è stato prevalente nel nostro Paese fino al 1975 per tre fattori essenziali: “ci si sposava tutti (chi non si sposava, non approdava alla vita sociale, soprattutto se maschio), ci si sposava presto (l’età media della donna non superava i 24 anni), ci si sposava per avere figli (il numero dei figli era più del doppio di quello attuale)”. Questo tipo di famiglia “vedeva una curiosa convergenza di cattolici e laici sul modello di unione coniugale ispirato dalla Chiesa, infatti persino nel decennio rivoluzionario degli anni sessanta il 99% dei matrimoni era ancora celebrato in chiesa”.

Funzionale al sistema economico-produttivo degli anni della ricostruzione post bellica e all’affermarsi del processo di industrializzazione, la famiglia tradizionale ha contribuito allo sviluppo del Paese e alla costruzione della ricchezza delle famiglie italiane. I movimenti degli anni ’60 e ’70 e il processo di emancipazione femminile determinano, tuttavia, profonde trasformazioni nella nostra società: l’aspirazione alla libertà individuale, il principio di autodeterminazione, la conquista per le donne di spazi lavorativi e professionali e, di conseguenza, dell’indipendenza economica mettono in crisi il modello di famiglia tradizionale.

Se prima la donna, che dipendeva in tutto e per tutto dal marito, sopportava qualsiasi situazione e non osava ribellarsi ora rivendica la parità: l’uomo e la donna diventano uguali sul piano dei valori e dei diritti umani. E la legislazione recepisce i cambiamenti e il processo di modernizzazione e laicizzazione in atto nella società italiana: nel 1974 viene bocciato il referendum abrogativo della legge sul divorzio; nel 1975 viene riformato il diritto di famiglia e con la legge n. 903 del ‘77 vengono gettate le basi per una effettiva parità lavorativa.

Come è cambiata la famigliaNel processo di trasformazione della famiglia si ha un drastico cambiamento dei ruoli, il rapporto tra i coniugi diventa paritario, costruendo una struttura familiare simmetrica, all’interno della quale sia l’uomo che la donna collaborano per creare e sostenere la propria famiglia. Nel nuovo modello di vita familiare viene rivalutato anche il padre, che non rappresenta più una figura autoritaria a cui rivolgersi con timore; come la madre si occupa dei figli, riesce a conoscerli più da vicino, rispetto al passato, può capirne le esigenze ed i problemi e può offrire la sua esperienza come aiuto. Il matrimonio assume un valore diverso, sempre di più viene affermandosi un modello laico che ha un grande fascino, “basta l’amore e la relazione: questi fanno famiglia in sé”. Viene così messo in crisi sia il modello ispirato dalla Chiesa sia il matrimonio stesso in quanto istituzione.

Se basta l’amore che bisogno ho di istituzionalizzare e disciplinare le forme di famiglia?

Così al giorno d’oggi i matrimoni e le unioni, non sono più per tutta la vita, la durata del rapporto varia di storia in storia, spesso ci si separa o si divorzia quando entra in crisi la relazione affettiva e si affermano nuovi tipi di famiglie: le libere unioni, le famiglie ricostituite, le famiglie allargate e le famiglie formate da single. L’affermarsi di questo modello ha prodotto oggi, nel nostro Paese, una debole intensità di famiglia: “i veri celibi, che hanno più di 25 anni, l’aumento di coppie di fatto non conviventi, che rappresentano il minimo della responsabilità sociale, e le coppie senza figli o con un solo figlio, sono condizioni prevalenti” e costituiscono gli elementi di fragilità del nostro tessuto sociale. Infatti una società che si fonda su nuclei non istituzionalizzati e presenta un basso indice di natalità rivela una scarsa vitalità.

Sancire un matrimonio, invece, significa entrare nelle regole dello stato e avere riconoscimento di diritti, avere figli aiuta a interconnettersi con la società, superando l’individualismo. Qualunque sia il modello o i modelli di famiglia, che si vanno affermando nella società contemporanea, un elemento sembra imprescindibile recuperare dal nostro passato: quell’entusiasmo giovanile e quel coraggio che aveva spinto i nostri genitori, e prima ancora i nostri nonni, anche in assenza di solidità economica, a fare famiglia progettando un futuro e affrontando insieme i rischi della vita. Quella spinta che ha fatto delle nostre famiglie tradizionali il motore della società.

La trasformazione delle famiglie in cifre

L’analisi dei dati dell’ultimo decennio conferma le trasformazioni, ma evidenzia alcuni elementi in controtendenza. I matrimoni celebrati nel 2013 sono diminuiti di oltre un quinto; Nelle regioni del Nord il rito civile è prevalente rispetto a quello religioso (51,7%). Si osserva un incremento del 7,6% del numero totale di famiglie, ma diminuisce il numero medio di componenti: 2,4 (2011). Le coppie con figli sono sempre meno numerose; rappresentano il 34,6% del totale delle famiglie; le coppie senza figli sono in aumento (29,3%). Le famiglie unipersonali, costituite prevalentemente da anziani over 65, sono cresciute del 23,1%; contemporaneamente quelle costituite da monogenitori non vedovi, in maggioranza da madre con figli sono aumentate del 47%. La forma familiare più tradizionale rappresenta oggi meno di una famiglia su 3. La crescita delle famiglie con due o più nuclei è un fenomeno emergente. La ricompattazione delle famiglie si va realizzando con il rientro dei figli dopo separazioni, divorzi, emancipazioni non riuscite. Nelle famiglie con più nuclei aumentano le persone celibi e nubili, i separati e i divorziati, si tratta generalmente di persone giovani (fino a 34 anni di età), più spesso di donne. Le cause sono da ricercare nell’attuale crisi, infatti si cerca di superare le difficoltà economiche attraverso la solidarietà familiare.