Frontalieri e Imposizione FiscaleIntervista al responsabile dell’Ufficio Frontalieri OCST

Nell’ultimo mese si è assistito al rincorrersi continuo di innumerevoli voci su altrettanti cambiamenti che dovrebbero interessare il panorama fiscale dei frontalieri. I giornali, in particolare quelli italiani, hanno fomentato le paure dei frontalieri con titoli spesso terroristici. Il risultato? Poca chiarezza e tanto panico. Abbiamo intervistato Andrea Puglia, responsabile dell’Ufficio frontalieri OCST (Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese), per fare chiarezza analizzando quanto è accaduto e distinguere i cambiamenti certi da quelli ipotetici o dalle semplici voci di corridoio.

 

Partiamo dall’indiscrezione che ha spaventato di più i frontalieri, ovvero il postulato Quadri: quali sono le reali conseguenze di questo atto?

Il 16 settembre il Consiglio nazionale (cioè il Parlamento svizzero) ha approvato un postulato del deputato leghista Lorenzo Quadri con il quale si chiede che tutti i frontalieri paghino le tasse in Svizzera secondo le aliquote italiane. L’approvazione del postulato, però, non ha implicazioni giuridiche dirette, perché non vincola il Governo a formulare una legge. Il Governo federale avrà solo il compito di stendere un rapporto tecnico in cui analizzerà i pro e i contro che un cambiamento simile potrebbe avere. Qualora il rapporto fosse positivo, allora il Governo federale potrebbe decidere di studiare una nuova legge in tal senso, ma il procedimento richiederebbe comunque parecchio tempo. Si tenga conto poi che il Governo federale, dal canto suo, ha già fornito una risposta negativa attraverso le dichiarazioni di Eveline Widmer-Schlumpf, ministro delle Finanze. A suo dire il contenuto del postulato non è applicabile perché richiederebbe numerosissime modifiche nella legge del diritto tributario svizzero, vincolerebbe la Svizzera a violare il “principio di non discriminazione”, imposto dall’Accordo sulla Libera Circolazione delle Persone, e soprattutto troncherebbe i negoziati fiscali con l’Italia.

Che cosa sono questi negoziati fiscali? Come potrebbero incidere sulla tassazione dei frontalieri?

Tra l’Italia e la Svizzera è in vigore una Convenzionedel 1974 che regola l’imposizione fiscale dei frontalieri. La norma sancisce che i frontalieri, residenti in uno dei comuni della fascia di frontiera, non siano tenuti a dichiarare il reddito in Italia. Essi pagano soltanto l’imposta alla fonte in Svizzera che poi gira all’Italia il 38% di quanto versato dal frontaliere. Da diversi anni questa Convenzione non piace più al Canton Ticino che vorrebbe trattenere nelle proprie casse tutta l’imposta versata dai frontalieri, senza dover più ristornarne il 38% all’Italia. Per questo il Cantone ha chiesto al Governo federale di disdire l’Accordo del 1974.

E la Svizzera disdirà davvero la Convenzione?

No, non lo può fare se non raggiunge prima un nuovo accordo con l’Italia. È infatti necessario che entrambi gli Stati siano d’accordo (si scusi il gioco di parole) sul cancellare la Convenzione. I due Governi sono al lavoro ormai da anni per trovare un nuovo sistema di imposizione fiscale dei frontalieri che vada bene a entrambi gli Stati. I nuovi Accordi potrebbero venir firmati entro la primavera del 2015.

C’è chi dice che proprio i nuovi Accordi potrebbero sancire la doppia imposizione per tutti i frontalieri. A quel punto i lavoratori saranno costretti a pagare le tasse secondo le aliquote italiane. È corretto?

I due Stati potrebbero in linea teorica anche raggiungere un accordo del genere. Tuttavia non crediamo che si andrà realmente in questa direzione. L’Italia sa bene che un aumento così improvviso dell’imposta fiscale stroncherebbe ulteriormente i consumi, creerebbe nuova disoccupazione e porterebbe un decremento delle entrate per tutti i comuni della fascia di frontiera che oggi godono dei ristorni provenienti dalle tasse dei frontalieri. È più probabile che la Svizzera contratti un abbassamento dell’aliquota di ristorno (il 38% è davvero elevato). Altre voci, provenienti da fonti non ufficiali, pensano che si andrà verso il sistema dello “splitting” fiscale. In tal caso la Svizzera tasserebbe una grossa fetta del reddito annuale (circa il 65%) senza dover più effettuare il ristorno, mentre l’Italia tasserebbe con le proprie aliquote una quota ridotta (ovvero il restante 35%) che finirebbe in buona parte ai comuni. Si tratterebbe in effetti di una soluzione ottima, poiché non aggraverebbe la situazione del frontaliere e metterebbe tutti d’accordo. Tuttavia, lo ripeto: al giorno d’oggi non esistono risposte certe. Le trattative sono ancora in corso.

Arriviamo all’ultimo punto. Si è parlato di aumento del moltiplicatore comunale al 100% per i frontalieri. Di cosa si tratta esattamente? È un cambiamento certo? Quanto inciderà sulla tassazione complessiva dei frontalieri?

Questo è l’unico cambiamento certo. Spieghiamo bene di cosa si tratta. Il Parlamento del Cantone Ticino ha aderito ad un’iniziativa del partito UDC che chiede l’aumento del moltiplicatore comunale nell’imposta alla fonte che racchiude al suo interno tre componenti: federale, cantonale e comunale. Diversamente dalle prime due, la parte comunale varia da Comune a Comune, ognuno decide il livello delle sue imposte, fissandolo ad una percentuale dell’imposta cantonale, il cosiddetto “moltiplicatore comunale”. Siccome i frontalieri non hanno la residenza in un Comune ticinese, le loro imposte alla fonte sono sempre state calcolate sulla base di un moltiplicatore comunale medio (pari nel 2013 al 78%). Ponendosi nella linea di quest’ultima proposta, il Gran Consiglio ha ora accordato al governo cantonale la facoltà di scostarsi dal moltiplicatore medio aumentandolo fino al proprio massimale (appunto il 100%). L’aumento entrerà in vigore dal 1° gennaio 2015. L’incremento delle imposte a carico del singolo lavoratore non sarà rilevante. Quantificarlo con esattezza non è possibile, poiché varia molto in base al reddito lordo annuale e allo stato di famiglia. Per osare delle cifre, puramente generiche, possiamo dire che l’aumento medio sull’imposta alla fonte complessiva sarà tra l’1% e il 3%.

La ringraziamo per averci consentito di fare chiarezza su questa vicenda. Ci chiediamo perché periodicamente, in modo strumentale, si riproponga la “questione frontalieri”.

Ad amareggiare è il clima del quale è frutto. Nel mondo politico e nel tessuto sociale del Cantone è andata prendendo corpo una diffusa insofferenza verso la libera circolazione, che è fonte di innegabili distorsioni e abusi. I frontalieri ne sono l’incolpevole capro espiatorio. La responsabilità ricade su coloro, imprese e operatori economici, che utilizzano la libera circolazione a fini speculativi, senza considerare adeguatamente i bisogni e le attese del territorio. L’apporto fornito dai frontalieri all’economia ticinese viene, così, ad essere offuscato dalle pratiche abusive di chi sfrutta la libera circolazione e la stessa manodopera frontaliera.