Fare una famiglia oggiParlare di "famiglia" significa mettere a tema un argomento all'ordine del giorno nel dibattito culturale del nostro Paese. In molti oggi ne parlano e i punti di vista con cui se ne discute sono molteplici: si parla di diritto alla famiglia, delle famiglie arcobaleno, della crisi della famiglia tradizionale, del numero sempre crescente di famiglie che vivono sotto la soglia della povertà, della propensione delle famiglie italiane al risparmio, dei consumi delle famiglie, delle famiglie monoparentali, del divorzio breve, del diritto ad avere dei figli...

L'elenco è lungo e potrebbe continuare. Riflettendoci mi accorgo che ognuna di queste diverse angolature, con cui è possibile affrontare l'argomento, si fonda su una particolare "ideologia" che analizza e definisce la famiglia riducendola ad un mero fenomeno sociale.

Proprio a cause di tutto questo parlare di "famiglia" e non volendo alimentare nel mio piccolo discussioni ideologiche ed astratte, nel momento in cui la redazione mi ha chiesto di pensare ad un articolo che avesse questo focus dal punto di vista dei giovani, ho pensato di parlare dalla mia esperienza. Essendomi sposato neanche un anno fa ho deciso di provare a raccontare le ragioni di questa mia scelta per cercare di spiegare, non solo quali difficoltà possa incontrare oggi un giovane che decide di compiere questo passo, ma anche individuare le ragioni che mi hanno permesso di fare ciò che agli occhi di molti viene vista come una scelta anacronistica e avventata.

Il primo passo compiuto, dopo che io e Chiara abbiamo deciso di sposarci, è stato quello di comunicarlo ad amici, parenti e conoscenti. Vedere le diverse reazioni delle persone alla notizia è stato molto interessante, e vorrei partire da una riflessione maturata proprio davanti a queste reazioni.
Pur avendo visto alcune persone scettiche e in disaccordo con la decisione presa, devo ammettere che nella stragrande maggioranza dei casi la reazione a cui abbiamo assistito era quella della contentezza.

Fare una famiglia oggiLa cosa sulle prime non mi ha colpito, la consideravo una reazione banale: chi non è contento quando scopre che un proprio amico, un nipote, si sposa? E quasi la reazione più normale che si possa avere, si potrebbe dire che quasi quasi è la gioia di chi annuncia il proprio matrimonio a far gioire chi riceve la notizia. Tuttavia col passare del tempo è sorta in me una domanda: come mai se tutti gioiscono alla notizia che una coppia decide di metter su famiglia i matrimoni sono così pochi oggi in Italia? Ossia, se sposarsi è una cosa bella perché si sposano sempre meno persone? Inoltre, guardando quelli che si sposano, e facile osservare come l’eta in cui si compie il fatidico passo sia sempre più avanzata, sembra quasi che si rimandi il più possibile un momento della vita, anche se desiderabile per chiunque.

Per dare una risposta a questa domanda ho guardato alla mia esperienza e ho notato alcune cose che vorrei raccontare perché rappresentano per me le ragioni per cui un giovane (se a 30 anni si pub ancora essere considerati giovani) decide oggi di sposarsi.
Come prima osservazione vorrei sgombrare il campo da quello che, per me, oggi è un grande equivoco, ossia che i ragazzi posticipano di molti anni il matrimonio perché viviamo in una società dove non ci sono più certezze e tutti siamo vittime di una vita precaria. Non nego che la poca stabilità, soprattutto lavorativa, sia un problema, ma non ho così poca stima nella mia generazione per pensare che possa essere frenata da difficoltà materiali. Se così fosse, infatti, non si spiega come mai molti miei coetanei emigrino all'estero e, lasciando casa e affetti, vadano a cercare un lavoro migliore a migliaia di chilometri ripartendo da zero e sicuramente senza particolari certezze. Tra l'altro questi stessi giovani sono spesso considerati molto bravi e in molti Casi migliori dei loro coetanei di altri paesi. Penso quindi che la precarietà della vita non sia la causa della diminuzione dei matrimoni.

Guardando alla mia storia mi accorgo che il problema non sta nelle condizioni, ma nella decisione. Per una persona, a prescindere dal fatto che sia credente o laica, il matrimonio, civile o religioso che sia, contiene l'idea del "per sempre". Inoltre il "per sempre" che caratterizza il matrimonio e molto particolare perché e una presa di posizione pubblica davanti ad una comunità religiosa o ad un'autorità civile.
A mio giudizio e proprio questo "per sempre" a far gioire delle persone che scoprono che una nuova coppia decide di sposarsi: tutti i rapporti affettivi hanno una pretesa di eternità; allo stesso tempo la difficoltà di chi deve prendere la decisione sta proprio nel "finché morte non vi separi", pur essendo una cosa desiderabile è infatti una decisione totalizzante e molto impegnativa.

Fare una famiglia oggiAvere il desiderio di impegnarsi in un rapporto per tutta la vita e avere il desiderio di dirlo a tutti è quindi un’esperienza che tutti desiderano e, una volta presa questa decisione, le difficoltà economiche o lavorative si superano (come tra l'altro è sempre successo nella storia...).
Ma cosa permette ad una persona di assumere una decisione tanto affascinante quanto impegnativa? A questa domanda non posso che rispondere guardando alla mia storia e affermare che per me la certezza (questa si necessaria) su cui ha trovato fondamento la scelta di sposarmi l'ho ricevuta dai miei genitori.

Mio padre e mia madre, pur dentro tutte le difficoltà sono sempre rimasti fedeli a quell'intuizione avuta da ragazzi più di 30 anni fa di condividere la vita. Questa fedeltà è stata più forte delle intemperie, che tutti siamo chiamati a vivere, ed ha permesso loro di ripartire di nuovo dopo ogni difficoltà, trasformando poco alla volta l'intuizione in certezza. Vedere loro mi ha fatto pensare non solo che e possibile stare insieme ad una donna "finché morte non ci separi", ma che la vita diventa più facile e più bella se si e in due ad affrontarla anziché da soli. Il matrimonio, come la vita, è un'avventura e per starci dentro senza paura di quello che riserva il futuro non e necessario eliminare la precarietà, ma avere delle certezze su cui fondare le proprie decisioni.