LE NOVITÀ PIÙ IMPORTANTI DA CONOSCERE
La legge di Stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015), pubblicata in Gazzetta ufficiale il 30 dicembre 2015, ha rimandato di un anno il conguaglio negativo da effettuarsi a gennaio per recuperare la differenza tra la perequazione riconosciuta a inizio 2015 (pari allo 0,30%) e quella definitiva (0,20%). La decisione di non effettuare il conguaglio rappresenta per i pensionati l’assenza di un aggravio ulteriore perché questo avrebbe comportato un prelievo, sull'assegno di gennaio 2016, pari allo 0,1%.
Con questa misura - valida solo per il 2016 - il conguaglio è rimandato di un anno e, salvo ulteriori interventi, i pensionati potrebbero comunque essere chiamati a restituire l'importo a inizio 2017.
Tuttavia se non fosse intervenuta la legge di Stabilità (articolo 1, comma 288), da gennaio i trattamenti pensionistici avrebbero subito una diminuzione. Pertanto, anche se la variazione dei prezzi utilizzata come riferimento per la rivalutazione degli importi previdenziali è risultata negativa, gli assegni non potranno diminuire. Questa disposizione, introdotta nella legge di Stabilità 2016, non ha scadenza e previene un'eventualità che forse si potrebbe verificare per la prima volta a gennaio 2017, in occasione del conguaglio della rivalutazione sulla base della variazione dell'indice dei prezzi del 2015, che molto probabilmente potrà risultare negativa.
Con il decreto ministeriale del 19 novembre 2015, è anche stato stabilito che la perequazione automatica, da attribuire in via previsionale per il 2016, è pari allo zero per cento.
Ne deriva che gli importi calcolati come definitivi per il 2015 (e quindi un po’ più bassi di quelli incassati durante l’anno scorso) costituiscono anche il parametro di riferimento per il 2016. Sono fatti salvi i recuperi derivanti da debiti precedenti ad altro titolo che sono stati accertati durante le operazioni di rinnovo e che saranno trattenuti secondo le regole ordinarie.
Gli assegni di importo ricompreso tra tre e sei volte il trattamento minimo subiranno un lieve aumento. Sono pertanto interessate le pensioni lorde mensili comprese tra 1.505,67 e 3.011,34 euro. Infatti con il Dl 65/2015 (arretrati una tantum Poletti), che ha sanato gli effetti derivanti dalla sentenza di incostituzionalità del Dl 201/2011 relativo al blocco della perequazione per il biennio 2012/2013 per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo, si è stabilito che per gli anni 2014 e 2015 sia riconosciuto un adeguamento parziale pari al 20% del tasso di inflazione registrato nel biennio 2012/2013 mentre, a decorrere dal 2016, l’aumento passa dal 20 al 50%.
Da tale intervento sono escluse le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo perché hanno già goduto a suo tempo di una perequazione piena. Sono escluse anche le pensioni di importo superiori a sei volte il trattamento minimo perché ad esse il legislatore non ha riconosciuto nessun aumento, neppur parziale. Salvo proroghe, il 2016 sarà l’ultimo anno in cui sarà applicato il contributo di solidarietà (pari al 6 / 12 / 18 per cento) alle pensioni di importo superiore a 14 volte il trattamento minimo (91.343,98 euro) previsto dalla legge 147/2013. Il 31 dicembre 2015 l’INPS ha pubblicato la circolare 210 che aggiorna tutti i valori di riferimento delle pensioni per il 2016. Si precisa che le somme attribuite a titolo di rivalutazione dal 2017 diventeranno parte integrante della pensione e formeranno oggetto di rivalutazione nella loro interezza.
Dal mese di febbraio le pensioni torneranno ad essere accreditate al 1° del mese, tranne se festivo. Nel caso in cui il 1° del mese dovesse cadere di sabato, gli accrediti su conto corrente bancario saranno posticipati al 3 (come accadrà a ottobre 2016).
È stata cancellata la penalizzazione per chi è andato in pensione anticipata prima dei 62 anni (1% per ognuno dei primi due anni e 2% per ogni ulteriore anno) nel triennio 2012-2014. La riduzione, prevista dal decreto legge 201/2011, era già stata eliminata per il 2015, ma non per i pensionamenti pregressi. Ora l'abbuono viene esteso, ma solo con effetto dagli assegni del 2016 e quindi senza però corrispondere gli arretrati per gli anni precedenti.
Grazie alla pressione dei sindacati confederali si è ottenuta anche la modifica della cosiddetta “opzione donna”, cioè della possibilità, per le lavoratrici, di andare in pensione a 57 o 58 anni e 3 mesi (se dipendenti o autonome) con 35 anni di contributi, a fronte del ricalcolo dell'assegno con il sistema contributivo invece di quello misto. Rispetto a quanto previsto finora, le interessate dovranno maturare i requisiti, e non più la decorrenza della pensione, entro la fine del 2015.
Altra modifica, già dal 2016, è l'applicazione della no tax area che viene ampliata da 7.500 a 8.000 euro per gli over 75 e da 7.500 a 7.750 euro per chi non supera i 75 anni. Nella prima versione della legge di Stabilità, l'efficacia dell'estensione era prevista dal 1° gennaio 2017. Per i redditi superiori a 15mila euro e inferiori a 55mila euro la detrazione resta invariata.
Chi è esente Irpef è esonerato anche dal pagamento delle addizionali. Quindi, ricomprendere i pensionati con maggiore fragilità economica all’interno della fascia esente significa tutelarli non solo sul fronte dell’Irpef, ma soprattutto su quello delle addizionali comunali e regionali.
La equiparazione, a partire dal 2016, della “non tax area” dei pensionati di età non inferiore a 75 anni e l’aumento dell’attuale soglia per i pensionati di età inferiore a 75 anni consente di dare una risposta, seppure parziale, alle aspettative di riduzione del carico fiscale dei pensionati.
Gli interventi sulle pensioni non sono stati ritenuti sufficienti dai sindacati CGIL, CISL e UIL che, anche nelle tre grandi manifestazioni interregionali di Torino, Firenze e Bari, hanno ribadito la necessità di una “controriforma delle pensioni” che introduca maggiore flessibilità in uscita e apra il mercato del lavoro ai giovani.