Note sulla Spesa PrevidenzialeL'Italia, con oltre 4 punti percentuali in più della media, ha la spesa pensionistica più elevata d'Europa.

Il 16,8 per cento del PIL con un costo in termini assoluti per le nostre casse pubbliche pari a poco meno di 270 miliardi di euro all'anno.

L'andamento della spesa pensionistica nel tempo conferma che non si è riusciti a contenerne i costi, malgrado gli interventi normativi varati a partire dagli anni Novanta: solo tra il 2003 e il 2013 la spesa è aumentata di 2,6 punti percentuali.

Perché l'Italia detiene questo "record negativo" in Europa? Le cause sono molteplici.

 

CreditoAncora oggi scontiamo una storia di privilegi elargiti per rafforzare il consenso e subiamo gli effetti di un sistema pensionistico che fino agli inizi degli anni '90 è stato troppo generoso, soprattutto nei confronti dei lavoratori del pubblico impiego e delle aziende di Stato.

Sul sistema previdenziale pesano inoltre il trend demografico e il rapporto tra numero di pensionati e di occupati.

L'Italia vede un continuo processo d'invecchiamento: dopo gli anni del boom si sono fatti sempre meno figli e nel 2015 si è registrato il minor coefficiente demografico con solo 488 mila nuovi nati, cioè meno della metà rispetto
al 1965.

La crisi economica, la perdita di posti di lavoro e la disoccupazione giovanile hanno sbilanciato ulteriormente il rapporto tra la popolazione attiva (20-65 anni) e i pensionati, con inevitabili ricadute sulla spesa previdenziale e conseguenze sulle nuove generazioni.

Infine è corretto segnalare che nella spesa pensionistica è inclusa anche l'assistenza che dovrebbe essere scorporata dalla previdenza.

Le riforme previdenziali, realizzate negli anni 2007 – 2011, hanno visto i pensionati contribuire alla sostenibilità dei conti dello Stato.

La Corte dei Conti infatti nel rapporto del 2016 sulla Finanza Pubblica, ha evidenziato che senza tali riforme la spesa per le pensioni avrebbe determinato un aumento di due punti di PIL.

Spending.Review.nel.Carrello.3Qualsiasi intervento sul sistema previdenziale oggi deve misurarsi con elementi di criticità: il rapporto tra nuovi pensionati e deceduti, (cioè tra chi entra e chi esce nel sistema) è sbilanciato di 150 mila unità e il numero dei pensionati è destinato a salire; i segnali di una ripresa economica sono molto flebili e non si prospetta un'inversione di tendenza tra occupati e pensionati; il livello di tassazione delle pensioni resta
fra i più elevati d'Europa.

L'aggravio della tassazione su pensioni medie inferiori a mille euro hanno determinato negli ultimi anni anche un fenomeno di migrazione verso Paesi con costi di vita meno elevati e un fisco più vantaggioso.

Questo determina l'uscita dalla Penisola di circa 1 miliardo di euro sotto forma di assegni e trattamenti assistenziali, con la conseguente diminuzione dei consumi e del gettito fiscale.

Funzione del Sindacato, come della politica, è trovare soluzioni e indicare prospettive.

Note sulla Spesa PrevidenzialeIn un sistema che rischia l'implosione, l'obiettivo prioritario diventa la ricerca di correttivi sul piano previdenziale e fiscale per garantire equità intergenerazionale, sostenibilità del sistema e adeguatezza delle pensioni in un'ottica di medio-lungo periodo.

L'intesa del 28 settembre nel suo complesso segna, per le misure che verranno adottate, un primo risultato a favore delle categorie più deboli e, in prospettiva, una risposta a molte criticità ancora presenti nel nostro sistema previdenziale.