La spesa previdenziale nel nostro Paese è alta, ma anche la pressione fiscale è un record.
Il dato della spesa previdenziale, che non cala ed è la più alta in Europa, è viziato da un calcolo che non tiene conto né del livello di tassazione sulle pensioni né dell'assistenza.
Questo fatto - come ha recentemente affermato lo stesso presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano - provoca una distorsione statistica che attira su di noi le attenzioni dell'Europa e rischia di legittimare eventuali tagli e ulteriori revisioni perché, come è noto, le pensioni sono la spesa più facile da aggredire.
Se si tiene conto delle entrate tributarie la spesa per le pensioni scende dal 16,8% al 10,15% del PIL, poiché tra tasse e addizionali i pensionati versano allo Stato circa 44 miliardi annui.
Con il 21% di tasse che gravano sugli assegni pensionistici, l'Italia è infatti al quarto posto nell'Unione Europea, dopo Danimarca, Olanda e Svezia che peraltro godono di un welfare molto più generoso del nostro.
Il taglio delle tasse è quindi necessario in quanto sulle pensioni italiane grava il doppio delle tasse della media europea, sicuramente più della Germania: 0,2%, della Francia: 5,2%, della Spagna: 9,5% o del Regno Unito: 5,2%.
Al netto del gettito fiscale e decurtando il dato della previdenza (cioè le pensioni pagate con i contributi) dall'assistenza, ossia tutte le prestazioni che lo Stato paga tramite l'INPS e che valgono 33 miliardi all'anno, si arriva a un risultato sorprendente: il sistema previdenziale italiano risulterebbe in sostanziale pareggio.